Sabato
2 febbraio 2019
Eccomi di nuovo, sono tornata a Kyabirwa, arrivata giovedì sera
dopo “ben” 5 ore di auto dall’aeroporto che dista un centinaio di km!
Traffico terribile a Kampala, solo per attraversare la città da
ovest a est per non più di 5 km, abbiamo impiegato 2 ore, peggio di quanto
ricordassi delle volte precedenti.
Nel tragitto, però, ho avuto l’impressione che i bordi strada
fossero diventati più puliti e meno affollati. Sono state fatte nuove
costruzioni ed i negozi sono stati riempiti dai venditori che hanno trasferito
il loro business dalla strada.
Hamber Court, a Jinja, invece, è il solito crocicchio incasinato,
pieno di gente, l’aria puzzolente, come sempre, di olio fritto e fumo. Gente
dappertutto, banchi di mercato improvvisati che vendono qualsiasi cosa, dal
cibo al vestiario ai catini (ce ne sono sempre a migliaia che circolano nei
loro innumerevoli colori), il solito caos di boda-boda e di pulmini straripanti di viaggiatori e di
polli sul tetto.
La strada per Kyabirwa è, come sempre, un percorso ad ostacoli tra
buche sempre più numerose e profonde, slalom tra boda, capre e pedoni, e
polvere, tanta polvere rossa visto che siamo nel pieno della stagione secca….
Che dire? Sono tornata a “casa”! Forse perché è la terza volta, forse perché
conosco già queste situazioni, mi sembra che il tempo di assenza, dalla fine
dello scorso marzo, sia passato in un soffio.
Ritrovo tutto uguale. Qui non noto cambiamenti particolari, forse
i venditori sulle strade sono aumentati, all’opposto di quanto ho notato nel
tragitto dall’aeroporto, ma è buio e, sicuramente, alla luce del giorno, noterò
qualcosa di diverso (in positivo o negativo, chissà). Per ora, mi sembra tutto
lo stesso come lo ricordavo.
All’arrivo nel cortile di casa, mentre Isaac fa le manovre per
parcheggiare, vedo il gruppo di famiglia. Sono tutti lì ad aspettare che scenda
dall’auto. Vedo Florence che corre dalla cucina per unirsi al gruppo.
Faccio fatica ad uscire dall’auto, mi sono tutti intorno per
abbracciarmi. Chris, il “piccolo” di casa cresciuto molto in un anno, mi si
stringe addosso suscitando la gelosia di Martin che, questa volta, non è
riuscito ad arrivare per primo. Mi guarda dal gruppo con un’espressione triste
anche se i suoi occhi, nel buio, brillano di contentezza. Sparisce per
ricomparire dieci minuti dopo nella mia stanza portandomi il primo biglietto di
quella che, anche quest’anno, ne sono certa, sarà una lunga serie, un biglietto
di benvenuto indirizzato: “to my mother” ….
Inizia così la mia terza avventura a Kyabirwa.
Saturday,
February 2nd, 2019
Here I am again in Kyabirwa! I arrived
here on Thursday night after 5 hours by car from the airport that is only some
hundred km far away!
Such a terrible traffic jam in Kampala. It
took us over two hours to cross the city from west to east, driving no more
than 5 km, the worst that I remember from previous times.
During the driving, I’ve had the impression that the borders of the road
were cleaner and less populated than in the past. New buildings have been built
and I assume that many of the road vendors have moved in there, transferring
their businesses.
Hamber Court in Jinja, instead, is the usual chaotic crossroad full of
people, the bad smelling air full of smoke and fried oil. People are
everywhere, improvised market stalls selling any type of goods from food to
clothes and many buckets (yes, buckets are selling in thousands), the usual
traffic jam of boda-bodas and mini-vans super loaded with people and chickens
on their roofs.
From this point on, the road to Kyabirwa is the usual “steeple-chase”. You
have to skip people walking on the road, the bodas and the goats. In addition,
the holes on the road pavement have become more and more and deeper and deeper
so that it’s a continuous bumping, and a lot of red dust. The dry season is at
its high and the red dust is everywhere. What to say? I’m back “home”.
It’s probably because it’s my third time here, it’s because I knew about
all of this, it seems to me that time has flown since I was here a year ago.
Apparently, nothing has changed but it’s dark and in the daylight I might see
differences (positive or negative, who knows?).
When we arrive at the house, while Isaac is parking, I notice all the
family members grouped there waiting for me. I see Florence running from the
kitchen in the back of the court to join the group. Everybody is
there.
I have difficulties in exiting the car. All of them want to hug me. Chris, the youngest of the house, who, by
the way, has grown a lot in the past year, is the first to get me and hug me
tightly. This makes Martin (my “son”) unhappy and envious because he wasn’t the
first one to hug me. In the dark, however, I can see his eyes shining for
happiness. He suddenly disappears to come to my room, ten minutes later, with
the first message, the first of a long series I’m sure he will give me. It’s a
welcome message addressed “to my mother”….
This how my third adventure in Kyabirwa started!
Useless to say that I’m happy to be here again.
immagino il "comitato accoglienza" e la felicità di rivederti. buona permanenza e un abbraccio a tutti
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